30/11/09

Honduras: Comunicato del Frente Nacional de Resistencia



Comunicato N.40
Frente nacional de Resistencia Popular Contra el Golpe de Estado
DENUNCIA DEL FIASCO DELLA FARSA ELETTORALE
Con piena soddisfazione annunciamo al Popolo Honduregno e alla Comunità Internazionale che la farsa elettorale montata dalla dittatura è stata pesantemente sconfitta dalla esigua affluenza alle urne, tanto scarsa da portare il Tribunale Elettorale a prorogare di un’ora la chiusura dei seggi, spostandola alle 17.

Non servono occhiali per vedere ciò che sta davanti a noi. Il monitoraggio che la nostra organizzazione ha fatto a livello nazionale, evidenzia una percentuale di astenuti fra il 65 e il 70%, il più alto della storia nazionale, ha votato non più del 35% della popolazione. In questo modo il Popolo honduregno ha punito i candidati golpisti e la dittatura, che adesso cercano in tutti i modi di mostrare un volume di voti che non esiste. Denunciamo che per fare questo il regime è arrivato a portare, nel municipio di Magdalena Intibucà, militanti salvadoregni del partito ARENA, affinché potessero votare come honduregni. Dobbiamo aspettarci come minimo una manipolazione del conteggio elettronico.

La disperazione del regime di fatto è tale che ha represso brutalmente la manifestazione pacifica che si stava svolgendo nella città di San Pedro Sula, durante la marcia risultarono feriti, picchiati e quindi arrestati diversi compagni. Si riporta un desaparecido. Riportiamo inoltre fra i feriti la presenza di un fotografo della REUTER e fra gli arrestati quella di due religiosi del Consejo Latinoamericano de Iglesias che stavano svolgendo attività di osservazione dei Diritti Umani.

Considerando i risultati della farsa elettorale come una grande vittoria per il Popolo Honduregno, il Frente nacional de Resistencia invita tutto il popolo in resistenza a festeggiare la sconfitta della dittatura. Convochiamo una Grande Assemblea domani, Lunedì 30 Novembre a partire dalle 12:00 nella sede del STYBIS a Tegucigalpa e alla gran Carovana della Vittoria contro la farsa elettorale che partirà alle 15:00 da Planeta Cipango.

29/11/09

Elezioni in Honduras


Siamo arrivati alla farsa finale.
Il presidente legittimo, Manuel Zelaya, ancora ospitato nell’ambasciata del Brasile a Tegucigalpa, ha sostenuto più volte che non accetterà nessun verdetto di queste elezioni illegali, mentre solo in pochi paesi hanno rilasciato più o meno convinte dichiarazioni di riconoscimento dell'esito del voto, gli USA, Panama, Perù.
Molti canditati si sono ritirati per non rendersi pertecipi a questo imbroglio nei confronti del popolo.

Mentre la resistenza ha esortato a boicottare le elezioni e a stare in casa in segno di protesta, vi è stata una forte azione di repressione preventiva, da parte della polizia e dell'esercito, nei confronti delle organizzazioni per i diritti umani e del fronte della resistenza.
I primi dati della resistenza parlano di  strade e seggi praticamente vuote e fortemente presidiati da esercito e polizia,  con una affluenza molto bassa, mentre la stampa e le televisioni filo golpisti mostrano solo le sedi delle urne dei quartieri ricchi della capitale, le uniche con un po' di movimento e dove sono stati dislocati i pochi osservatori che si sono prestati alla burla generale.
Tra poche ore ci saranno i dati "officiali", il golpe continua...



19/11/09

La ELAM compie 10 anni



"Nelle zone con maggior carenza di medici in America Latina e nei Caraibi muoiono ogni anno oltre un milione di persone, di cui 500 mila bambini, molti a causa di malattie prevedibili e curabili. Decine di milioni di latino-americani non hanno accesso a servizi di salute. Questo accade anche in un paese immensamente ricco come gli Stati Uniti. Quelli che stanno morendo, non possono aspettare."

(Dal discorso inaugurale, il 15 novembre 1999)


Dieci anni fa, una ex installazione militare della Accademia Navale è stata trasformata nella ormai famosa Università Latinoamericana di Medicina, per dare la possibilità a migliaia di poveri giovani latinoamericani di trasformare i loro sogni, di diventare medici e quindi  di promuovere la salute, prevenire, curare e salvare migliaia di loro fratelli, tutto questo per mano della solidarietà di un piccolo paese, assediatato e "bloqueato" dalla nazione più potente del pianeta e della grande intuizione di Fidel Castro, nel 1998, sulla scia di due uragani che hanno colpito i Caraibi e l'America centrale, causando un numero impressionante di morti e danni materiali incalcolabili.
Alcuni numeri: dal 2005, quando ci fu la prima laurea della Scuola Latinoamericana di Medicina, 7256 medici si sono laureati in Medicina e Chirurgia provenienti da 45 paesi e di circa 84 etnie.
Nella speciale calssifica, i maggiori beneficiari di questo progetto sono stati Honduras con 569 laureati, Guatemala 556 e Haiti 543.
Attualmente ci sono circa 90 gli studenti nordamericani, che non possono permettersi di frequentare le Facoltà di Medicina nel loro paese, visto che il costo è molto alto: 200mila dollari per 4 anni, escludendo spese di vitto e alloggio.

Ai giovani che studiano a Cuba viene gratuitamente garantito l'alloggio, l’alimentazione e le lezioni nel centro nei due primi anni del corso, dove studiano le scienze di base per poi venire distribuiti nelle 21 facoltà di Medicina del paese, dove si formano durante i 4 anni restanti. Inoltre percepiscono, durante il corso, uno stipendio in pesos cubani, per le loro necessità.


17/11/09

Saharawi



La pesca nelle acque del Sahara Occidentale, senza il consenso del popolo saharawi è illegale.

Nessun stato del mondo riconosce l'anessione da parte del Marocco attraverso l'occupazione militare del Sahara Occidentale, ma l'Unione Europea continua a pagare, con soldi dei contribuenti europei, il Marocco per i diritti di pesca al largo delle coste dal Sahara Occidentale.
La pesca nelle acque del Sahara Occidentale non appartiene al Marocco e i reclami del Marocco sul Sahara Occidentale sono stati respinti per il Tribunale Internazionale di Giustizia, e non sono riconosciute dall'ONU. Le risorse naturali del Sahara Occidentale appartengono al suo popolo, i saharawi.
Firma la petizione FISH ELSEWHERE per intimare all'UE di smettere di firmare accordi illeciti di pesca col Marocco, in cambio dei soldi dei propri contribuenti, nelle acque del Sahara Occidentale.

Il Sahara Occidentale è stato colonizzato dagli spagnoli fino al 1975, quando, alla morte del dittatore Franco, la Spagna ha abbandonato le sue ultime colonie e, rendendo vane le speranze dei Saharawi di un referendum di autodeterminazione, ha lasciato questo territorio alle mire del Marocco e della Mauritania che lo hanno rispettivamente invaso da nord e da sud, in cambio di concessioni economiche vantaggiose per la Spagna.
Questa duplice invasione è stata tutt'altro che pacifica e dopo una iniziale resistenza di fronte a truppe ben più forti, i Saharawi più fortunati sono fuggiti verso l'unico confine praticabile, la piccola striscia che li unisce all'Algeria.
Dal 1975 nel deserto vicino a Tindouf, l'ultima città del sud algerino, si sono rifugiate circa 200.000 persone e sono stati costruiti degli immensi campi rifugiati prevalentemente composti da tendopoli, in cui vive la maggior parte del popolo Saharawi libero.

Un lunghissimo muro di pietre, sabbia e mine, costruito dai marocchini, taglia in due il Sahara occidentale, dividendo i territori occupati della pescosa costa e ricchi di miniere di fosfati, dalla RASD Repubblica Araba Saharawi Democratica. Nei territori occupati, la popolazione Saharawi è discriminata e sottoposta a un regime poliziesco. I processi non vengono effettuati e gli scomparsi sono circa 850.

Dirittto d'asilo

Ricevo e pubblico volentieri


Sono scesi facendo con le mani il segno della V di vittoria, i cinque profughi curdi in mare da giorni e respinti da Francia e Spagna.
I cinque cittadini curdi, partiti dalla Turchia diversi giorni fa, hanno viaggiato da clandestini su una nave mercantile che ha toccato i porti di Italia, Francia e Spagna e da questi rimandati indietro. È la stessa storia, la stessa odissea che accomuna le tante persone che scappano da guerre, persecuzioni personali o inflitte ad un intero popolo. Rischiare la propria vita per tentare di viverne una migliore. Ma quello che succede in mare, nei porti e alle frontiere oramai è noto.
I profughi curdi erano riusciti a mettersi in contatto con i parenti presenti in Italia, segnalando il nome della nave su cui viaggiavano e il prossimo attracco. I familiari, a loro volta, hanno avvisato alcuni avvocati genovesi. Così tutto si è svolto in fretta...
Infatti, fin dalla mattinata di domenica, in porto erano presenti gli avvocati Laura Tartarini e Fabio Taddei, l'assessore regionale Franco Zunino assieme a rappresentanti della Comunità San Benedetto, per aspettare l'arrivo della nave turca e riuscire a mettersi in contatto con i curdi a bordo per far fare loro richiesta di asilo.
Ma come sempre succede in questi casi, non è stato semplice arrivare all'obbiettivo.
La nave, giunta in porto verso le 11, era pronta a prendere subito il largo già in serata, nonostante le rassicurazioni della polizia di frontiera: “Possiamo risolvere tutto domani...”. Ma “domani” la nave non ci sarebbe più stata e nemmeno il suo carico umano.
Solo dopo una lunga trattativa, nel pomeriggio l'avv. Tartarini è riuscita a salire a bordo per incontrare i curdi, parlare con loro, esprimere la necessità di presentare domanda di asilo. Ci sono volute ore prima di vederli scendere dalla nave e solo mezz'ora prima che questa prendesse il largo.
A terra, ad aspettarli, c'erano anche i giornalisti che hanno raccolto velocemente le loro storie e le loro speranze. Da domani inizia una nuova vita il cui esito sarà tutto nelle mani della Commissione territoriale per il diritto di asilo di Torino, che avrà il compito di esaminare le domande presentate dai curdi.
Nel frattempo sono al sicuro, lontano dalla loro condanna a morte che la Turchia aveva già decretato.
Oggi, il diritto di asilo ha vinto!  Questa purtroppo, in Italia, è diventata un eccezione.

16/11/09

Honduras: alla luce i piani golpisti



Giorno di resistenza n. 142
L'accordo siglato, come si pensava, si è poi rilevato per quello che è: un modo per guadagnare tempo, avvicinarsi alle elezioni del 29 novembre e poi cominciare una campagna per il riconoscimento del nuovo governo nato dal progetto golpista ed il definitivo esonero dalla vita politica del Presidente Zelaya e della sua politica. Arrivati a questo punto c'è da pensare se questa situazione non sia stata pensata fin dal 28 giugno, in accordo e probabilmente con l'appoggio USA, che sono stati capaci di muoversi con equilibrismo e ambiguità, e solo il rientro roccambolesco di Zelaya e il suo definitivo arrivo all'ambasciata brasiliana, ha leggermente complicato i piani.
Ora il presidente legittimo Zelaya, attraverso una carta aperta all'amministrazione USA, ha detto di rinunciare definitivamente a voler ritornare al potere attraverso accordi con i golpisti, e che non riconoscerà assolutamente le elezioni di fine mese, considerandoli illegali e di nessun valore per il ristabilimento della pace e il superamento della crisi politica.

Micheletti gioca apertamente la carta del riconoscimento elettorale, insiste nel chiedere l'arrivio di osservatori internazionali e cerca alleati tra i poteri reazionari internazionali. La destra repubblicana nordamericana spinge per un riconoscimento del vincitore delle elezioni, mentre il neopresidente  di Panama, Ricardo Martinelli, ha assicurato che riconoscerà il voto elettorale, e ha chiesto di fare altrettanto alla comunità internazionale. Nel frattempo l'Internazionale Liberale ha avuto la bella idea di nominare Micheletti come vicepresidente.
Il Frente Nacional de Resistencia contra el Golpe de Estado, crollate le ultime speranze di trovare un accordo che permettesse un minimo di legalità, ha chiamato il popolo a boicottare le elezioni.

13/11/09

Obama in Asia


Prima dell'arrivo del Presidente Barak Obama in Giappone, il primo dei paesi asiatici ad essere visitato in questo nuovo tour di nove giorni, sette, cittadini giapponesi, ormai anziani, sopravissuti all'attacco nucleare statunitense su Hiroshima e Nagasaki, hanno chiesto un impegno preciso. Gli "hibakusha", come vengono chiamati i superstiti alle bombe nucleari lanciate dagli Stati Uniti alla fine della Seconda Guerra Mondiale, hanno manifestato nelle immediata vicinanze dell'ambasciata USA a Tokio, per l'abolizione di tutte le armi nucleari.



Rohana Wijeweera


Il 13 novembre di 20 anni fa, nel 1989, il fondatore dirigente del Fronte di Liberazione del Popolo (JVP) venne ucciso barbaramente dalle forze di polizia dello Sri Lanka. Da due anni il JVP aveva ingaggiato una lotta senza quartiere contro un governo dittatoriale di destra che, appena giunto al potere, aveva abolito la costituzione, soppresso i fondamentali diritti democratici, messo fuori legge la sinistra rivoluzionaria.
Sul piano economico–sociale la destra aveva imboccato la via di un neoliberismo selvaggio fatto di privatizzazioni e di misure antipopolari che svendevano l’economia del paese alle multinazionali e all’imperialismo.
La dittatura aveva portato il paese sull’orlo del collasso e affamato il popolo, mentre assieme alle ingiustizie, crescevano a dismisura le ricchezze della borghesia.
Stanchi di 10 anni di tirannia, nel 1987 il proletariato e la gioventù dello Sri Lanka iniziarono una lotta con scioperi e mobilitazioni. Il governo rispose con lo stato d’emergenza e la persecuzione più feroce. Ai comunisti non restava che passare alla resistenza armata popolare o affrontare l'esilio volontario. La dittatura rispose con la ferocia, il piombo e gli squadroni della morte. Due anni di fuoco in cui persero la vita quasi 60 000 giovani, operai e contadini.
L’assassinio a sangue freddo del massimo dirigente del JVP, Rohana Wijeweera, il 13 novembre 1989, fu l’atto conclusivo dello sterminio reazionario.

10/11/09

Paraguay: indigeni "fumigados"




Il Ministro della Sanità del Paraguay, Esperanza Martinez, dopo che il Presidente del Paraguay Fernando Lugo aveva ordinato un'inchiesta, ha confermato che più di 200 indigeni, membri della comunità Ava Guarani nel reparto di Alto Paraná, risultano avvelenati dai pesticidi, con tutti i sintomi di avvelenamento, compresi nausea, vomito e mal di testa.
L'incidente si è verificato in Itakyry, 380 chilometri ad est di Asuncion, quando gli indegini sono stati fatti bersaglio da un pioggia di pesticidi lanciato da un aereo, normalmente adoperato nei campi di soia. Questo fatto aggrava ancor di più il conflitto per una disputa di 2.600 ettari di terreno tra gli indigeni  locali e i produttori di soia, in particolare quelli di origine brasiliana, che occupano il latifondo. Secondo il National Institute of Indigenous Paraguay (INDI), i produttori di soia spruzzato la zona per cercare di eliminare gli indigeni, che sostengono il diritto ancestrale alla terra.
I funzionari mandati per costatare i fatti, hanno potuto inoltre verificare ulteriori abusi ai danni degli indios, come la distruzione di un cimitero e di una scuola indigena, attraverso l'uso di ruspe.

foto d'archivio

08/11/09

Ancora stallo in Honduras



Giorno di resistenza n. 134
Rieccoci a commentare quello che è successo in Honduras in questi giorni, e come facilmente si poteva presagire, l'intesa che avrebbe dovuto sbloccare la crisi innescata con il colpo di stato del 28 giugno - quando i golpisti di Micheletti portarono via Zelaya, in pigiama, dal palazzo presidenziale e successivamente espulso in Costa Rica - in realtà serviva solo a far guadagnare giorni, da parte dei golpisti e cercare di arrivare indenni alle elezioni di fine novembre.
L'accordo sottoscritto prevedeva il ritorno di Zelaya, dopo il voto del Parlamento previa consultazione della Corte Suprema.  Ma una completa amnesia totale a Tegucigalpa fece dimenticare che fu proprio tale Corte a chiedere ai militari di spodestare Zelaya, accusandolo di aver violato la Costituzione.
Una volta tornato alla presidenza Zelaya si sarebbe dovuto attivare per la formazione di un governo di unità nazionale sotto la sua guida, ma giovedì tutto è stato stravolto dai golpisti, che si sono arrogantemente preso il diritto di formare un paraddossale "nuovo governo di unità nazionale" formato da soli membri degli stessi partiti che hanno sostenuto e difeso il colpo di Stato. In pratica un secondo golpe.

C'è da chiedersi nuovamente: ma sono d'accordo con gli Usa per questa loro condotta? 
Altrimenti si dovrebbe pensare che volutamente stiano ridicolarizzandoli e prendendoli letteralmente per i fondelli... cosa che fatico molto a credere.
Sospettoso poi che ancora prima della firma, la delegazione statunitense avesse dichiarato la riapertura dei visti extra emigranti...

Il senatore Usa, il repubblicano Jim DeMint appoggiando le pretese di continuità da parte del golpista Micheletti, si è spinto ancora più avanti, affermando che la Segretaria di Stato Hillary Clinton, gli ha promesso di accettare il risultato elettorale del 29 novembre con o senza Zelaya restituito alla presidenza.

Odore di golpe in Paraguay

Il presidente del Paraguay, Fernando Lugo, in un tenso clima politico nel paese e ad un indebolimento delle alleanze politiche che lo sostengono, ha completato il cambio della cupola militare, deponendo il Comandante delle Forze Militari, il controammiraglio Cíbar Benitez, solo 48 ore dopo aver rimosso i tre più alti comandanti militari del paese, sostituendo i capi dell'esercito, della marina e dell'aviazione.
Benitez sarà sostituito dal generale Juan Oscar Velazquez. Proprio Benitez giovedì, riferendosi ai tre cambi, aveva precisato che questo tipo di rimozioni "possono dare luogo a diverse interpretazioni", smentendo però la possibilità di un colpo di Stato. "Non sono a conoscenza di persone con intenzioni golpiste nelle forze armate", aveva precisato.

E' il terzo rimpasto dei vertici militari da quando Lugo  è salito al potere un anno e mezzo  fa, e segue le voci di golpe militare, di disordini nelle caserme e altri segnali di un tentativo di colpo di stato.
Il ministro dell'Interno del Paraguay, Rafael Filizzola, cerca di sdramattizzare ed ha affermato che più di un golpe militare, ci sono certi settori politici che desiderano utilizzare le forze armate per un colpo di stato.
Sembra di assistere allo stesso schema che ha portato al colpo di stato in Honduras, visto che mentre i generali giurano "massima obbiedenza", al capo dello stato, l'opposizione che domina Camera e Senato, minaccia di portale il Presidente Lugo a giudizio per inadempienze, accusandolo di aver dato risposte carenti contro l'insicurezza e la violenza sociale, oltre ad alcuni problemi amministrativi attribuiti al suo governo legate all'acquisizione di terreni per la Riforma Agraria.
Di certo in questi casi, i primi giorni successivi alla cacciata dei generali sono i più pericolosi...