Sono passati 25 anni dal peggior disastro industriale (conosciuto) della storia.
Era la
notte tra il 2 e il 3 dicembre 1984, a Bhopal, in India, circa quaranta
tonnellate di gas letali fuoriuscirono dalla fabbrica di pesticidi
della Union Carbide, oggi di proprietà della Dow Chemical.
Una incrostazione nelle tubature
fa sì che l’acqua usata per pulirle finisca in una cisterna di
isociananto di metile (Mic). Unito all’acqua, il Mic reagisce e, non
trovando sulla sua strada nessun ostacolo, neppure la fiamma del
bruciatore della torre di decontaminazione che dovrebbe incendiarlo, ma
che invece è spenta, inizia a premere sulle valvole esterne. La pressione è
tale che le valvole saltano e l’acido isocianico, creato dalla reazione
di Mic e acqua, forma un gaiser sopra l’impianto. Il vento forte lo
spinge verso la bidonville vicina, dove vivono ammassati molti poveri.
Le stime ufficiali parlarono di 2.259 morti, alla fine il governo del Madhya Pradesh accertò il decesso di 3.787 persone. Ma secondo fonti indipendenti sarebbero tra gli 8mila e i 10mila i morti, a causa del gas, nelle sole 72 ore successive, e 25mila e oltre negli anni successivi. I sopravvissuti non hanno mai ricevuto un risarcimento adeguato. Il sito della fabbrica non è ancora stato decontaminato e sul posto sono state lasciate enormi quantità di composti inquinanti, che stanno avvelenando le falde acquifere, l’aria e i terreni della comunità di Bhopal.
Le stime ufficiali parlarono di 2.259 morti, alla fine il governo del Madhya Pradesh accertò il decesso di 3.787 persone. Ma secondo fonti indipendenti sarebbero tra gli 8mila e i 10mila i morti, a causa del gas, nelle sole 72 ore successive, e 25mila e oltre negli anni successivi. I sopravvissuti non hanno mai ricevuto un risarcimento adeguato. Il sito della fabbrica non è ancora stato decontaminato e sul posto sono state lasciate enormi quantità di composti inquinanti, che stanno avvelenando le falde acquifere, l’aria e i terreni della comunità di Bhopal.
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