La
catena inarrestabile delle tragiche sollevazioni popolari nei paesi
arabi, ha ridato fiato a quella cozzaglia di gruppi anticastristi
della Florida, che ora sperano in una uguale sollevazione popolare a
La Habana.
Per essere chiari di che personaggi stiamo parlando, sono gli stessi che dopo la “liberazione” dell'Irak, da parte dei marines nordamericani, sfilavano per le strade di Miami con cartelli e slogan del tipo “haora Cuba”.
Per essere chiari di che personaggi stiamo parlando, sono gli stessi che dopo la “liberazione” dell'Irak, da parte dei marines nordamericani, sfilavano per le strade di Miami con cartelli e slogan del tipo “haora Cuba”.
Non
si riesce a capire cosa possa creare certe aspettative in questa gente e
cosa possa esserci in comune tra Cuba e questi paesi arabi.
Gli stessi paesi in questione hanno grandi differenze tra loro e le rivolte si sono sviluppate in contesti e ragioni diversi.
Gli stessi paesi in questione hanno grandi differenze tra loro e le rivolte si sono sviluppate in contesti e ragioni diversi.
Uno
dei fattori in comune, tra tutte le sollevazioni, che si vuole far
emergere, è che sia stato fondamentale, per orientare le folle,
l'utilizzo massivo degli ormai famosi social network, facebook e
twitter.
Alcuni amici che vivono in quei paesi, mi hanno scritto che internet, è stata utile ma non così indispensabile, facilmente censurabile e ancora poco utilizzata dalla popolazione e che il passaparola funziona molto meglio nei mercati, nei luoghi di culto, magari allo stadio più che attraverso la rete.
Ma sembra
ormai che un qualsiasi paese non possa essere considerato tale, ne tanto meno
democratico, se non ha la disponibilità e la padronanza
dell'utilizzo di questi mezzi di comunicazione.
E proprio da alcune pagine di Facebook, da parte della comunità cubana anticastrista residente all'estero, gira un appello ai cubani suggerendo che è arrivato il tempo per alzarsi e darsi un data esatta per accendere la miccia e far esplodere le proteste anche a Cuba.
E proprio da alcune pagine di Facebook, da parte della comunità cubana anticastrista residente all'estero, gira un appello ai cubani suggerendo che è arrivato il tempo per alzarsi e darsi un data esatta per accendere la miccia e far esplodere le proteste anche a Cuba.
Fin
da quando frequento l'isola, ormai15/16 anni, ho sempre sentito, quasi a
scadenza annuale, dare gli ultimi giorni di vita al processo
rivoluzionario.
A cominciare dai primi anni 90, in seguito alla dissoluzione dell'URSS e del campo socialista, la caduta della Rivoluzione cubana sarebbe dovuto avvenire automaticamente come una pedina del gioco del domino. Dal punto di vista economico e sociale sono stati anni difficilissimi, compreso l'inasprirsi del bloqueo, la crisi dei balseros, la mancanza di tutto, ma niente... la Rivoluzione restò ancora in piedi.
A cominciare dai primi anni 90, in seguito alla dissoluzione dell'URSS e del campo socialista, la caduta della Rivoluzione cubana sarebbe dovuto avvenire automaticamente come una pedina del gioco del domino. Dal punto di vista economico e sociale sono stati anni difficilissimi, compreso l'inasprirsi del bloqueo, la crisi dei balseros, la mancanza di tutto, ma niente... la Rivoluzione restò ancora in piedi.
Anche
la visita di Papa Giovanni Paolo II, nel 1998, aveva creato
speranze e anch'io, devo confessarlo, scaramanticamente avevo
messo in guardia i miei amici cubani dall'importanza e delle aspettativa che il mondo
occidentale aveva dato a quella visita e alle parole che avrebbe pronunciato.
Cuba era
rimasto l'unico paese a non essere stato visitato da questo Papa giramondo, ma la
visita passò, la minoranza cattolica del paese rimase contenta
dell'accoglienza, la Rivoluzione ancora in piedi e i miei amici mi
presero in giro per almeno due anni.
Pure nel 2006, quando a Miami si festeggiò troppo precocemente l'avvenuta morte per malattia
di Fidel Castro, venne riproposta la favola dei giorni contati.
Tuttavia, con un Fidel ancora ben vivo, ci fu un passaggio di consegne svolto nella massima calma e il
paese continuò a funzionare e sotto certi aspetti, il ritiro
di Fidel dalla scena attiva del paese, sembra anche aver
responsabilizzato ancor più il popolo cubano sule proprie scelte.
In
questi giorni d'attesa, la vita a La Habana continua nella normalità,
anzi no, c'è stata una grande concentrazione di popolo che ha dato
un vero e proprio assalto alla fortezza de La Cabaña, ma questi non
sono mussulmani incazzati, che vivono in paesi alleati degli USA,
sono 360.000 cubani, bimbi, giovani, donne e persone di tutte le età, di
tutti i colori, di tutte le fedi e di tutti i saperi, che hanno
riempito, per una decina di giorni, i padiglioni della Fiera del
Libro.
Alla
fine, sono venuto a conoscenza di quale
data e luogo sarebbe stata scelta per dare l'inizio alla caduta del
“regime dei fratelli Castro”.
Sarebbe
dovuto avvenire questo lunedì 21, dalle ore 17,00 alle 18,00 nel
parco “13 de Marzo” di fronte al Museo de la Revolución, luogo
simbolo e strategico, anche per la presenza dell'ambasciata spagnola
e di alcuni “palazzi del potere” da eventualmente assaltare e
bruciare.
Come
sia passata la giornata definita “madre di tutte le collere” lo
spiegano bene alcuni blogger dell'isola, che si sono ritrovati in
piazza per testimoniare il tutto, come Enrique Ubieta Gómez,
giornalista e saggista cubano, che nel suo blog:
http://la-isla-desconocida.blogspot.com,
ha postato un breve articolo dal titolo: “un pomeriggio noioso per
corrispondenti ingannati a La Habana”. Oppure le foto, senza
bisogno di commenti, di
Roberto
Suárez
in:
http://cubaenfotos.blogcip.cu,
oppure il post in: http://cambiosencuba.blogspot.com.
PS:
il carro armato sulla piattaforma è in piazza da molto tempo, credo
che sia quello con cui Fidel affondò alcune imbarcazioni alla Baia
dei Porci.
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